Napoli é caotica, disordinata, a volte “scostumata”.
É vita, magia, mare, sole e sfogliatelle calde, é il ritardo dei bus e dei tram, é il ragazzo che scappa via perché non ha fatto il biglietto, é la zingara che ti ferma per un quarto d’ora, per darti 3 numeri e fregarti 13 euro, é un bambino obeso che ti chiede “mi compri un panino?”.
É la musica alta, i panni stessi, le macchine “ammaccate”, famiglie intere sui motorini, carrelli sparsi nei parcheggi e strisce pedonali ormai invisibili.
É un’artista di strada che canta canzoni napoletane in via Toledo, la spazzatura sui bordi delle strade, il Vesuvio, gli scogli su cui prendere il sole o trascorrere una serata romantica.
É “ó curniciello” portafortuna, camioncini fermi per strada che vendono frutta e verdura, il fruttivendolo che viene fin sotto casa, gridando a squarciagola.
É la semplicitá e la simpatia delle persone, i muri scrostrati e i cantieri aperti da anni, le strade dissestate e i segnali stradali non rispettati.
É il signore che ti vuole “fá fesso” a Piazza Garibaldi e il ragazzo in bici, con un vassoio in mano, che porta i caffé a domicilio.
É il caffé servito con un bicchiere d’acqua, i taralli con i friarielli, il paniere che scende veloce dal 5º piano, il bambino che gioca a pallone per strada.
Napoli é un teatro all’aria aperta, puó farti ridere, arrabbiare, scocciare, ma non ti lascia mai indifferente.
Puó essere criticata, sottovalutata, presa in giro, ma ogni volta che vado via da Napoli, muore un pó di me stessa.